I piani di sviluppo II parte

Esempi come questi indicano che non possiamo trattare nello stesso modo bambini che stanno attraversando fasi di crescita differenti, perché le cure e l’ambiente di cui hanno bisogno sono diversi, così come sono diversi gli obiettivi e i metodi utilizzati. Se l’educazione deve essere basata sulla vita, si deve adattare a tutte queste differenze. Se, per esempio, stabilisco per un’età una determinata forma di istruzione, non significa che l’ho stabilita per tutte le età: ciò che è perfetto in una fase non lo è in quella successiva, ciò che va bene per un bambino non va bene per un altro. Le caratteristiche di una fase non sono le stesse della successiva.
Nel primo periodo il neonato mostra uno sviluppo improvviso, energico e strabiliante, soprattutto fino ai tre anni, poi dai tre ai sei si fa meno notevole: è come se questa prima fase fosse una preparazione per la seconda, o come se, al contrario, la seconda completasse la prima.
L’adolescenza causa dei cambiamenti fisici: c’è uno sviluppo intenso, soprattutto nel momento critico in cui la crescita avviene di colpo e si fa violenta. Si parla persino di una “crisi della pubertà”. Tra i quindici e i diciotto anni la trasformazione è più rallentata, e si verifica una sorta di perfezionamento dei cambiamenti precedentemente avvenuti, come se si raggiungesse un equilibrio. La seconda fase è il proseguimento della prima così come la prima prepara la seconda: è la loro combinazione a portare al perfezionamento. Dai quindici ai diciotto anni la crescita è più limitata, un po’ come dai sei ai dodici anni. Si verificano alcuni cambiamenti, ma sono lievi, perché ci si trova in una tranquilla fase di continuità.

“Il lavoro manuale con un fine pratico aiuta ad acquisire una disciplina interiore”.
Maria Montessori

Quindi l’educazione pratica è progettata in base a queste fasce d’età, caratterizzate da un diverso grado di crescita fisica e psichica. In passato, fino ai tre anni non c’era alcun tipo di educazione, così come accadeva per i bambini fino ai sei anni. La fase che andava dai sei ai dodici anni era considerata importante, per cui venne resa obbligatoria la frequentazione della scuola primaria. I piccoli venivano educati anche nella fase dai dodici ai diciotto anni, con le scuole medie e superiori, seguite poi dall’università, anche se si trattava di metodi educativi arbitrari e basati su programmi nati dal pregiudizio e non da una ricerca scientifica. L’idea di base era che crescendo i bambini diventassero sempre più forti e intelligenti, per cui un bambino di dodici anni era più intelligente di uno ancora all’inizio della propria vita. C’era questa idea fissa di progresso lineare.

La natura non funziona così e il progresso non è lineare, perché ogni periodo è un momento speciale di per sé. Le caratteristiche del periodo che va dalla nascita ai sei anni sono molto diverse da quelle del periodo che va dai sei ai dodici anni – così diverse che potremmo dire che il bambino vive due vite: una a sei anni finisce e un’altra inizia, come se si trattasse di una seconda nascita.

Non è vero che un ragazzo di quindici anni è più intelligente di uno di dodici e che quindi deve studiare di più e seguire un programma scolastico più corposo: infatti, in un periodo di grandi cambiamenti fisici, l’intelligenza non è attiva come in un periodo di riposo. Ora, a scuola, si assegna molto lavoro mentale a ragazzi tra i dodici e i quindici anni, mentre a questa età avrebbero bisogno di riposo e libertà di pensiero.

…continua con l’articolo di Giugno 2024

(M. Montessori, Lezioni da Londra 1946, Il leone verde, 2021)

NOTA

Nel testo viene indicato il termine bambino solo nell’accezione maschile, per rendere la lettura fluida. Tuttavia, il riferimento è sempre all’identità sia maschile che femminile.

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