La lezione di una maestra Montessori

Nel 1915 Maria Montessori si recò in California, principalmente, per partecipare all’Esposizione Internazionale Panama-Pacifico che si tenne a San Francisco tra il 20 febbraio e il 4 dicembre 1915. L’esposizione celebrava, a livello internazionale, la costruzione della meraviglia dell’epoca, il Canale di Panama, il cui completamento era previsto per quello stesso anno.
La presenza di Maria Montessori fu ampiamente raccontata dalla stampa californiana dell’epoca. La Montessori situò, all’Esposizione di San Francisco, la sua scuola dimostrativa (demonstration school), una scuola in cui si svolgevano ricerche e sperimentazioni educative attraverso, ad esempio, l’osservazione del rapporto alunno-insegnante, e tenne diverse serie di lezioni in città, tra cui, oltre a quelle nell’ambito stesso dell’Esposizione, tredici lezioni e dodici incontri con i genitori.

“…il principio fondamentale del mio metodo è quello di lasciare ai bambini la più ampia libertà individuale per non impedire in alcun modo lo sviluppo spontaneo delle loro azioni””.
Maria Montessori

La popolarità del metodo di Maria Montessori di educare i bambini attraverso il libero uso di materiali manipolativi, all’interno di un ambiente organizzato, è nota, ma altrettanto affascinante è l’intuizione alla base delle sue convinzioni, illustrata in una serie di lezioni e articoli. Il metodo Montessori è condizionato in tutto dall’atteggiamento dalla Dottoressa verso i bambini. Recenti studi scientifici hanno suggerito che vi è una maggiore crescita delle vie nervose nel cervello dei neonati e dei bambini piccoli il cui ambiente è stato caratterizzato da stimoli orali e manipolativi.
La Montessori indica come causa principale del rendimento insufficiente quella che chiama “schiavitù”. Questa “schiavitù”, sostiene, si manifesta in due modi principali all’interno dell’ambiente di apprendimento. Il primo è il banco del bambino e il secondo è l’insegnante. Ribadisce, infatti, che “[…] il principio fondamentale del mio metodo è quello di lasciare ai bambini la più ampia libertà individuale per non impedire in alcun modo lo sviluppo spontaneo delle loro azioni”. Per un pubblico americano, prevalentemente protestante, per il quale la frase “Fai come dico, non come faccio” era indiscutibile, tali idee mettevano in discussione ogni principio delle loro convinzioni sull’educazione dei bambini.
Anche l’idea che la Montessori chiama “il suo nuovo concetto di disciplina”, ossia, non insegnare ai bambini che l’immobilità è un bene e l’attività un male, è in contrasto con la convinzione, quasi universalmente diffusa all’epoca, che i bambini dovessero essere “visti e non ascoltati”: l’idea della Montessori è centrale nel metodo e, a cento anni di distanza, è ampiamente accettato.

La maggior parte degli insegnanti e dei genitori si avvicinano all’educazione dei propri studenti e dei propri figli con le migliori intenzioni ma, purtroppo, decidono in anticipo non solo come, ma anche cosa i loro figli devono imparare. Questo atteggiamento, tuttavia, spesso impedisce ai bambini di apprendere ed è anzi controproducente, frustrando spesso in egual modo genitori, insegnanti e studenti stessi. I bambini di solito risentono dell’istruzione forzata e, se questa persiste, perdono del tutto la loro curiosità intellettuale. Maria Montessori contesta ripetutamente questo metodo di educazione forzata e invita insegnanti e genitori a riconsiderare il loro atteggiamento nei confronti dei bambini e del processo di apprendimento.
Maria Montessori è stata un’insegnante unica perché vedeva i bambini delle sue varie scuole, non come studenti a cui insegnare, ma come fonti di ispirazione in grado di insegnare qualcosa a lei. Al centro delle sue lezioni californiane e dei suoi articoli c’è la richiesta di un cambiamento radicale nell’atteggiamento degli insegnanti.
“Il punto”, afferma, “non è che l’insegnante deve imparare un nuovo metodo, ma che deve acquisire nuovi atteggiamenti”.

La Montessori non perde tempo a chiarire le caratteristiche del suo “nuovo tipo di insegnante” al pubblico americano. Afferma, infatti, che “la sua virtù consiste nel non interrompere mai il lavoro del bambino [e] allo stesso tempo, nel dare aiuto dove vede che questo è necessario” e sottolinea:
“Quanto più l’insegnante è stato in grado di perdere o dimenticare la sua vecchia posizione, tanto più sarà in grado di diventare un buon insegnante con questo metodo. Un’altra cosa che deve imparare è il silenzio, perché non deve dare lezioni e, quindi, non deve fare discorsi. Questo è molto più difficile che imparare a parlare; si impara solo dopo una lunga pratica…
Come altra cosa l’insegnante deve imparare a contenersi, a trattenere l’impulso di intervenire, consigliare o suggerire. È una cosa molto difficile da imparare… L’apice dell’abilità dell’insegnante sarà raggiunto quando i bambini riusciranno a lavorare completamente da soli, senza nessun tipo di aiuto da parte sua”.
E racconta una semplice storia per illustrare il suo concetto del nuovo insegnante:
“Uno dei bambini che aveva imparato a scrivere ed era più felice che mai per aver acquisito questa capacità andò dalla maestra e le disse: <<Signorina, anche lei sa scrivere?>> L’insegnante era riuscita nell’intento di orientare e sviluppare e sapeva come nasconderlo il più possibile; questo è il più importante e il più grande trionfo di un metodo che ha come principio la libertà e lo sviluppo del singolo bambino”.
Questa storia puntualizza l’essenza della filosofia educativa incentrata sul bambino di Maria Montessori, che viene chiarita e ampliata nelle lezioni e negli articoli, di grande importanza storica, esposti nel periodo californiano.

Maria Montessori (in piedi, in fondo, terza da sinistra, con un cappello piumato) e bambini nell’aula dimostrativa con le pareti di vetro, nel Palazzo dell’Educazione all’Esposizione Internazionale Panama Pacifico, a San Francisco nel 1915. Fotografia pubblicata in San Francisco Invites the World: Panama-Pacific International Exposition, 1915 (San Francisco: Chronicle Books, 1991) curato da Donna Ewald e Peter Clute. Per gentile concessione di Donna Ewald (da Introduzione al libro di M. Montessori, Lezioni dalla California 1915, Il Leone Verde)

NOTA

Nel testo viene indicato il termine bambino solo nell’accezione maschile, per rendere la lettura fluida. Tuttavia, il riferimento è sempre all’identità sia maschile che femminile.

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