La scuola materna di Rosa e Carolina Agazzi

Rosa e Carolina Agazzi nascono a Volongo (Cremona), rispettivamente nel 1866 e nel 1870; Maria Montessori a Chiaravalle (Ancona) nel 1970. Insieme, sono considerate le pioniere della pedagogia infantile in Italia.

In Italia, all’inizio del 1900, vi è un importante fase di trasformazione storico-sociale e politica. È in questo periodo storico che si concretizzano queste due esperienze educative, su cui si concentra, fin da subito, l’attenzione del mondo politico e pedagogico, e che diventeranno due punti di riferimento per l’educazione infantile. Queste due metodologie sono segnate, profondamente, dalla diversa situazione socio-culturale in cui vengono, inizialmente, sperimentate: la Scuola materna di Rosa e Carolina Agazzi, espressione di un’Italia ancora in prevalenza agricola e contadina; la Casa dei bambini di Maria Montessori, concepita in un progetto di riqualificazione urbanistica, nella realtà di degrado sociale della periferia di Roma.

Rosa e Carolina Agazzi, dopo gli studi magistrali, nel 1889 iniziano a insegnare in una scuola elementare*. Tuttavia, presto capiscono che, prima di iniziare quest’ultima, i bambini hanno bisogno di una educazione iniziale. Fondano, così, nel 1896, a Mompiano (Brescia), la prima Scuola materna**, introducendo questo termine per superare quello di “asilo”: infatti, dal 1700, e fino a quel momento, le strutture per bambini in età prescolare, avevano una funzione assistenziale, non educativa, e basata sull’iniziativa privata.

“Non bisogna creare confusione nelle piccole menti di chi ascolta”
R.Agazzi
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La scuola materna, intesa in questo modo, è pensata come ambiente familiare, ordinato e pulito, dove ci si vuole bene e ci si aiuta reciprocamente. “Materno”, quindi, è l’atteggiamento affettivo della maestra verso il bambino, di “assistenza materna”, ossia sostituta della figura materna, con il compito di essere sempre presente, di prendersi cura del bambino, di educarlo e di sorvegliarlo. L’educatrice si rivolge al bambino e non all’allievo, perché scopo del metodo è quello di formare il bambino e non l’alunno. Le attività che si svolgono all’interno di questo ambiente sono note e familiari (rassettare, apparecchiare, lavare, ecc.), si cura il dialogo, il senso sociale e quello di responsabilità, mettendo in relazione i bambini più grandi con quelli più piccoli.

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Nella scuola proposta dalle due sorelle c’è un primo percorso di apprendimento, che non è prestabilito, ma prende spunto da materiale occasionale (“cianfrusaglie”), cioè da oggetti che il bambino porta da casa, per focalizzare l’attenzione sulla loro grandezza, forma e colore (bottoni, giornali, latta, …). Questo materiale viene raccolto nel “museo delle cianfrusaglie”, un luogo a partire da cui vengono svolte le attività di apprendimento: lavorare sulle qualità degli oggetti, selezionare, ordinare, differenziare, ecc., lavorando sul sensoriale e sul cognitivo in un ambiente emotivo e intimo che ha, quindi, la funzione di arricchire le conoscenze del bambino, l’iniziativa spontanea, lo stimolo all’osservazione, alla discussione e alla ricerca.
Vengono introdotti i “contrassegni”, immagini che sostituiscono le parole, sia per promuovere l’educazione linguistica che per aiutare il bambino a contraddistinguere le proprie cose da quelle altrui: gli oggetti vengono conservati e contrassegnati con immagini per insegnare l’uso dei simboli.

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Photo: Ludovica Capozzi
Mupa Museo Pasquali-Agazzi (Brescia)

Inoltre, vengono proposti anche degli esercizi di lingua perché il bambino sostituisca i termini dialettali con quelli italiani.
I materiali presenti nell’ambiente sono oggetti comuni, tradizionali, che i bambini imparano a riconoscere, a utilizzare e poi a riordinare. L’ordine è un elemento fondamentale per questo modello.
Attraverso il gioco, vengono pianificato le attività di danza, ritmo e canzoni come una forma di linguaggio del corpo, così come attività in cui il disegno spontaneo avvia lo sviluppo di aspetti intellettuali relativi a forme, distanze, dimensioni e spazi.
Un altro aspetto importante di questo metodo educativo è il lavoro della terra e il contatto con la natura, le attività come il giardinaggio e la cura delle piante. I compiti educativi, infatti, sono basati e sviluppati attorno ai quattro elementi naturali: terra, acqua, sole e aria.
Dunque, l’attenzione delle sorelle Agazzi è posta sul bambino come essere attivo, come “germe vitale che aspira al suo completo sviluppo”. Il ritrovo educativo per l’infanzia (espressione con cui amavano definire il loro spazio di lavoro) riflette il contesto dii una grande famiglia, che si apre alla dimensione della socievolezza, della tolleranza e della solidarietà.
Infine, è da aggiungere che avevano una visione tradizionale della donna: il suo ruolo era, generalmente, confinato a casa, finalizzato all’educazione e all’accudimento dei bambini.

(Nell’articolo di Dicembre verrà proposto un confronto fra il Metodo Montessori e il Metodo Agazzi!)

   oggi, Scuola Primaria
**   oggi, Scuola dell’infanzia

NOTA

Nel testo viene indicato il termine bambino solo nell’accezione maschile, per rendere la lettura fluida. Tuttavia, il riferimento è sempre all’identità sia maschile che femminile.

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